TWO FORMS OF BLINDNESS
La filosofia di Bruno vuole insegnare a vedere ciò che non si mostra alla vista sensibile. La cecità di coloro che non riescono a vedere l’unica forma, al di sotto di tutte le forme, e quella di coloro che non riescono a vedere l’unica materia, al di sotto delle molte materie, rappresentano due posizioni che nello svolgimento del dialogo si rivelano opposte e speculari.
Bruno vuole condurre il suo interlocutore oltre la superficie delle cose. Ma se l’analogia con le arti serve ad aprir la mente, a condurre lo sguardo oltre quella soglia, può aiutare a comprendere ciò che accade in natura, occorre rilevare insieme alle concordanze, le differenze. Tramite la similitudine con l’arte, già usata da Pitagorici, Platonici e Peripatetici, possiamo conoscere la materia occulta, che si cela sotto le forme sensibili, e tuttavia la relazione tra forma e materia va intesa "secondo debita proporzione". L’artefice umano si applica ad una materia a lui esterna, agisce sulla superficie delle cose, aggiungendo e sottraendo, mentre l’artefice naturale opera dall’interno, intessendo forme e figure dal centro della sua materia. L’arte umana si applica a una materia già formata, mentre il soggetto dell’arte della natura è del tutto privo di forme e distinzioni, poiché ogni differenza proviene dalla forma. Come il soggetto dell’arte umana è una materia che può essere foggiata in varie figure dall’artefice, così la materia delle cose naturali non possiede alcuna forma, ma tutte le può ricevere. Quest’unica materia del tutto informe e indeterminata è il sostrato che permane al di sotto delle continue trasformazioni che si succedono sul dorso di essa. Non è percebile con i sensi, non si identifica con la corporeità. Poichè questa si sottrae alla visione sensibile, può essere raggiunta solo tramite procedure razionali, può essere individuata solo dall’occhio della mente. Infatti non con il medesimo occhio vediamo il soggetto della natura e quello delle arti. Con diversi principi di cognizione e con diversi occhi possiamo conoscere l’uno e l’altro: con gli occhi sensitivi questo, con l’occhio della mente quello. Con gli occhi sensibili si vede solamente il perenne trascorrere e trasmutarsi delle forme, non l’unica materia, immutabile, che ad esse soggiace. Così il Timeo pitagorico insegnava a cercare la materia occulta, nascosta profondamente al di sotto delle forme sensibili, la "cosa terza", che persiste sotto i mutamenti e non si annichilisce, ciò che assume e depone le vesti che riceve, il soggetto dei contrari, poiché un contrario non accoglie e riceve l’altro: "dove era la forma della terra", dice lui, "appresso appare la forma de l’acqua", e qua non si può dire che una forma riceva l’altra; perché un contrario non accetta né riceve l’altro, cioè il secco non riceve l’umido o pur la siccità non riceve la umidità, ma da una cosa terza vien scacciata la siccità e introdotta la umidità, e quella terza cosa è soggetto dell’uno e l’altro contrario, e non è contraria ad alcuno." Chi non possiede quello strumento che solo può permettere di vedere oltre la superficie corporea, e resta confinato in una visione materialistica, è simile a un cieco che non sa di esserlo, che vorrebbe conoscere i colori e le forme, che sono evidenti solo a chi possiede la luce dell’intelletto. Scritto da F. Paris http://www.sfi.it/archiviosfi/cf/cf6/articoli/paris.htm |
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